Andrea Pizzi

L'aspetto di Bruno De Silvestri che più mi ha impressionato di primo acchito è stato il ritmo di pesca. Praticamente era sempre in gara. Usava una sei punte Sdive con doppie alette per garantirsi la cattura di saraghi ma anche di pesci importanti. Però, a meno di lavorare una ricciola, si correva il rischio di rovinare il pesce. Per prima cosa, infatti, ho imparato a liberare i saraghi e i pesci in generale, dalla fiocina, senza spappolarli. Eravamo a Costa Rei, una bellissima giornata di pesca con tuffi intorno ai 20 metri. Pesca veloce, naturalmente, a segnale, senza mai insistere sullo stesso punto. Mi sembra ancora di sentirlo: “Aspetta… meglio se fai così! Apri l’Igloo, metti dentro la fiocina col sarago. Chiudi il coperchio, estrai la fiocina finché puoi, infila le dita negli spazi tra una punta e l’altra, tira verso te finché il sarago aderisce alla parete dell’Igloo e infine forza per estrarre la fiocina. Vedrai che il pesce non si distrugge.” Esordisce così, con questo aneddoto, Andrea Pizzi, 42 anni, quartese, trapiantato a Sinnai, ultimo sub cresciuto in gommone con Bruno. Figlio d’arte, inizia la carriera da adolescente, maturando esperienza a Carloforte, Costa Rei e Oristano, con la qualifica di assistente e barcaiolo, naturalmente al seguito del padre che però, per diverse ragioni, dopo qualche anno, molla la pesca. Andrea, demotivato e forse attratto da altri piacevoli aspetti della vita, anche lui, appende muta e fucile al chiodo.

“Beh, da raccontare ne ho tante. Una che mi viene in mente riguarda la prima grossa cernia che ho catturato. Eravamo a Sant’Antioco, d’estate, e mi attendeva una giornata di pesca profonda, in compagnia di Andrea Biagini...”.

Quindi… il gran ritorno...? 10 anni fa, più o meno, dopo un corso base di apnea con Andrea Sanna, in quella grande fucina di subacquei che è Air Sub. Riprendo a pescare con frequenza, motivato anche da nuove amicizie nate nella piscina di via Balilla. Tra queste Matteo Scano, che mi presenta a Bruno per il mio entusiasmo. Era il 2017, una cena conviviale. C’era anche Cristian Corrias, campione italiano assoluto di pescasub nel 2018 e argento nel 2019 in Sicilia, a Marsala, con me barcaiolo. Nomi importanti, hai avuto fortuna? Credo di sì. Diciamo che una serie di coincidenze hanno favorito il livello delle mie frequentazioni. Di certo, Cristian e soprattutto Bruno sono il top, il massimo del possibile. Chissà quante avventure? Beh, da raccontare ne ho tante. Una che mi viene in mente riguarda la prima grossa cernia che ho catturato. Eravamo a Sant’Antioco, d’estate e mi attendeva una giornata di pesca profonda, la mia prima esperienza, in compagnia di Andrea Biagini. Mi concede il primo tuffo, 30 metri visto che di più facili non ne aveva. Seguo il pedagno, in verticale, e con mia sorpresa individuo subito una cernia. Questa si nasconde in uno spacco non molto agibile, tanto che per sparare devo infilare entrambe le braccia nell’anfratto e mirare. Una cattura importante per me visto che oltre ad essere la prima esperienza profonda è stata anche la prima cernia grossa, vista, inseguita, sparata e recuperata, tutto nello stesso tuffo. Per la cronaca era un pezzo da 10 chili. Tornando a Bruno e Cristian, mi viene in mente un episodio divertente, in allenamento, in previsione del campionato italiano di Marsala di due anni fa. La cittadina siciliana occupa l’estremità più occidentale dell’isola e forse per questa ragione le acque sono abbastanza turbolente con forti correnti. Era quindi indispensabile che Cristian si allenasse in condizioni simili. Ci immergiamo a Pula, scendiamo in acqua per pescare in corrente e nonostante il motivo dell’uscita fosse la preparazione di Cristian, non è mancato l’agonismo e la sfida tra i due. Io, in mezzo, nonostante le condizioni impegnative di nuoto, ho dovuto dare riscontro agli “ooop” che seguivano a ogni sparo, prima da una parte e poi dall’altra, informando ora l’uno ora l’altro del tipo di cattura. Insomma, per tutta la giornata ho dovuto “scarpinare” nell’inedita veste di messaggero, ma è stato divertente.


Ok, ma tu quale tecnica preferisci? Sono sempre stato un tanista, ma le recenti esperienze di apnea, visti anche i risultati confortanti, mi hanno avvicinato all’aspetto.
Le tue zone preferite? Carloforte e Sant’Antioco per le possibilità di pesca che offrono, il Golfo di Cagliari per il fascino del granito.
Qualche inconveniente? A Oristano, con Matteo Scano. In una posta a 22 metri, per dentici. Avevo un doppio elastico che usavo pochissimo. M’immergo e scorgo subito alcuni denticiotti poco invitanti. Mi tento una serie di richiami e finalmente si avvicina un altro branchetto più importante. Una volta a tiro sparo al più grosso, ma la sagola s’imparrucca con gli elastici. Addio dentice! E addio fucile, perché l’ho subito messo da parte e rivenduto. A Carloforte invece, d’estate, a pesca con un gruppo di amici, dopo uno sparo a 25 metri per una grossa corvina, in risalita, un tonno enorme che ho stimato sui 200 chili, mi punta e mi sfila davanti a pochi metri per scomparire nel torbido. Ero disarmato ma non l’avrei sparato neanche col fucile carico, era troppo grosso.
La cattura più grossa? Una cernia di 15 chili. Ero con Cristian. Vedo il pesce e lo seguo finché s’intana. La pedagno e risalgo, nel frattempo scende Cristian che la colpisce. Io doppio il tiro nella discesa successiva e la porto in superficie. Eravamo in tre e ce la siamo divisa.
Oggi come sei organizzato? Ho un gommone in allestimento, un M 90 Marshall, con un 40-60 Mercury. Vesto una muta su misura, 5 millimetri d’estate e 8 e 7 d’inverno. Uso un fucile monoelastico da 90 o 100 e tahitiana, senza roller alla maniera del mio grande maestro Bruno De Silvestri.