Alessandro il Solitario

Alessandro il Solitario

Alessandro Musiu, tutto casa e mare! Esce a pesca praticamente tutti i giorni e nonostante lo si possa definire un autodidatta, è così esperto che difficilmente torna a casa a mani vuote.

Alberto Belfiori

Non è la prima volta che andiamo a cercare personaggi nella Sardegna sud occi- dentale. Come fosse un serbatoio straripante di appassionati che in una tecnica o nell’altra, dimostrano capacità, spesso notevoli. Questa è la volta di Alessandro Musiu, 35 anni, residente a Nuraxi, figlio di babbo cacciatore in apnea e quindi maestro del giovane appassionato.

Guroneddu
Guroneddu, tra Capo Altano e Porto Paglia, lungo la provinciale 108, si allunga in mare attraverso una striscia di pietre scure su fondali ancora interessanti per la presenza di pesci e sempre affascinanti. Per molti è una destinazione obbligata, per tutti un teatro, una scuola dove fare i primi tuffi e frugare nel fondo. Per Alessandro non è stato diverso. D'altronde, seppur il percorso per raggiungere Guroneddu non sia regolare, la distanza da casa è minima, appena otto chilometri. E infatti, dopo la gavetta, sotto l’attenzione del genitore e talvolta dello zio, sempre d’estate, dopo i primi polpi, mitico quello che è riuscito a sfiocinarsi e scomparire nel nulla, le triglie, i verdoni, le grive e i saraghi, per raggiungere la costa si muoveva con un amico, in bicicletta. Lo stesso, poco più che quindicenne con cui ha condiviso la cattura di un polpo di quasi 5 chili. Una cattura memorabile per i giovani che si avventuravano su batimetriche di 13-14 metri: sparato da Alessandro e recuperato da Nicola, il tutto a soli 15 anni.

“A una profondità di circa 10 metri, acqua pulitissima. Vediamo una cernia che s’intana. Lui spara, io la doppio e insieme la estraiamo”.

Esperienze
Chi, oltre tuo padre? Un signore di paese, Tanino Peterle. Mi ha insegnato ad approcciare la tana. Ad esempio: mai avvicinarsi frontalmente. Sempre dall’alto, aumenta il campo visivo. All’aspetto, mi ha fatto capire che non conviene mostrarsi completamente ma è utile, invece, nascondersi dietro un riparo e giocare sul vedi e non vedi, così da stimolare la curiosità del pesce e indurlo ad avvicinarsi.
Hai un ricordo con Tanino? Certo. Con lui, ancora a Guroneddu, una triglia da 600 grammi. Era pieno inverno e stava ferma in una fossetta di sabbia. Avevamo un solo fucile, il suo. Me lo passa e sparo, senza nessuna difficoltà e soddisfazione. Però il pesce era enorme per la specie, e per me, per noi, è stata una cattura eccezionale. Un’altra volta, sempre con lui, a Carloforte. Era settembre. Ci avviciniamo, in gommone, alle Tacche bianche, una serie d rocce bianche, appunto, tufacee, a NW di Carloforte, più o meno dove impiantano la tonnara. Era una bellissima giornata con mare calmo e acqua cristallina. A una profondità di circa 10 metri, acqua pulitissima, vediamo una cernia che s’intana. Lui spara, io la doppio e insieme la estraiamo.
Quando sei diventato adulto? Direi che i diciotto anni sono coincisi con una presa di coscienza più matura e quel foglietto rosa piegato in tre rilasciato dal prefetto. Potendomi muovere ho immediatamente allargato i miei confini spostandoli a sud fino a Teulada e a nord fino a Arbus. Naturalmente uscivo sempre da terra e spesso da solo. Per me è stato sempre difficile condividere le emozioni della pescasub con un compagno, non perché io sia un orso, semplicemente vado a pesca spessissimo, senza orari, e non tutti sono disponibili per i vari impegni della vita.
Hai pensato ai pericoli? Certo, ci ho pensato. Ma il mio stile di pesca è ed è sempre stato molto attento. Pensa che le mie quote operative sono volutamente modeste. Pesco tra i 15 e i 20 metri con qualche raro tutto fino ai 24.
Il primo ricordo? Così, senza pensarci troppo: una spigolata all’Isola rossa. Nuotavo intorno allo scoglio e vedo un branco di spigole che tenta di nascondersi. Per fortuna ero pronto con l’arma puntata e sparo all’esemplare più grosso. Era una femmina e dietro di lei un maschio più piccolo. Infilzo tutti e due e faccio in tempo a sparare un altro ti-ro: un altro maschietto. Il resto del branco si è dileguato.
Come sei organizzato? Beh, a me piace molto pescare in tana per le grosse pre-de che si possono pescare, vedi la cernia. E anche l’agguato perché è emozionante, imprevedibile. Giri intorno a una pietra e non sai mai cosa ti aspetta. Ci vuole astuzia perché vedi il pesce da lontano e devi immaginare il percorso, restando coperto, senza farti scorgere, sia agli occhi che alla linea laterale. Carloforte, nei suoi periodi, è il posto ideale per entrambe le tecniche. Ci vado in gommone, un Sacs 475 con Yamaha 40-60, uscendo da Portoscuso.
Il pesce più grosso? Una cernia di 20 chili e passa. Era in sospensione, in un’acqua torbida, sollevata dal fondo 5 metri circa, sempre alle Tacche bianche, e mangiava un polpo. A un certo punto s’infila in una tana. Mi avvicino ma era in una posizione infelice. Vedevo la coda e non la testa. Faccio qualche tentativo per trovare un altro ingresso ma il massimo era una vista sempre posteriore, schiena e questa volta anche la testa. Ho pensato che non avrei avuto migliori chance, così sparo e fortunatamente la fulmino. Al tuffo successivo l’ho estratta senza problemi.
Un evento insolito? Ho soccorso una tartaruga. Era piccola, magrissima. Aveva ingoiato tre ami di un palamito. Aveva due filaccioni da 0,90 mm che gli uscivano dalla bocca e uno dall’ano. È intervenuta la forestale che l’ha prelevata e trasferita nel centro recupero tartarughe e cetacei di Nora. Non ne ho saputo più nulla.