A Tutto jiiig

A Tutto jiiig
Luigi Rossino con un bel sanpietro catturato grazie a un long jig Uroko.

Non basta buttare giù un jig e muoverlo anche sapientemente. E' necessario che sia il jig giusto, con la forma, il colore e il peso migliori per quel preciso momento.

In che modo ci interfacciamo con un pesce? Presentando un’esca! Questa è la nostra proposta e da questo approccio dipende il successo dei nostri tentativi di pesca. Quindi, quando parliamo di jig, parliamo della cosa più importante di tutto l’armamentario che occorre per tirare su a pagliolo un pesce. Chiaramente, tutto concorre allo strike, dai nostri movimenti all’azione della canna, dall’amo al filo e persino dalla barca. Resta il fatto, però, che l’esca, è quella che stuzzica la preda. Detto ciò è evidente che il jig rivesta uno degli aspetti più importanti in una battuta di pesca, anche se spesso ci lascia perplessi, insicuri su cosa scegliere. Quando passiamo giornate intere, in una battuta a slow jigging e non sentiamo una mangiata o soltanto piccole tocche, uno dei motivi principali è l’uso di un jig, anziché quello giusto. Il cardine, dove tutto si muove e ha inizio, è la sua forma. Cambiare il colore non fa una grossa differenza, come del resto la marca, questi sono aspetti secondari. Ciò che invece risulta determinante è la sua forma e il conseguente movimento dell’esca. Alcuni jig sono rapidi, altri meno. Alcuni sono panciuti, altri più affusolati, e ognuno di essi ha capacità di nuoto differenti. Come possiamo capire, quale sia il loro movi-mento? Basta fare una semplice prova, in mare, in qualche metro d’acqua. Basta simulare un’azione di pesca e verificare come si comporta il jig. Lì, vedremo il percorso, se sinuoso o meno, quanto e se scoda in ricaduta. Certo, la corrente e la pressione influiranno in altre profondità, ma tanto è sufficiente per farsi un’idea. Poi, con l’esperienza, la nostra immaginazione lascerà il posto a una precisa valutazione e così il jig non avrà più segreti.

L'autore con un cappone occasionale ma aggressivo sulle esche lente.

Colori - I miei primi tentativi a scopo “scientifico” sono nati dopo alcune letture e chiacchiere con pescatori professionisti. Lì ho capito che i colori che vediamo noi non sono necessariamente interpretati allo stesso modo dalla popolazione marina, sia essa foraggio o predatore. Quindi, ho dovuto sopprimere ogni mia vaga presunzione: se un predatore mangia un pesce rosso, ciò non significa che un jig rosso possa essere la soluzione migliore. Per lui quel metallo con gli ami potrebbe risultare di un altro colore. Ad esempio: ipotizziamo che nelle primissime ore del mattino i predatori ricerchino un’esca di colore grigio, però, quando il sole si alza, il predatore non la caccia più perché magari ha assunto un colore o un bagliore differente. Ergo, se io butto un jig che somiglia a un’esca, identificata grigia dal pesce, probabilmente, dopo poco non verrà più presa in considerazione, perché in quel momento, in quella zona, non ci sono più esche di quel colore o magari perché la variazione di luce ha cambiato l’identificazione del nostro jig da parte del predatore. Questo potrebbe significare che è cambiata la preda (da sugherelli o boghe siamo passati a gamberetti) perché è cambiata la luce, o l’acqua si è intorbidata, o è cambiata la corrente che ha spostato quei pesci e fatto arrivare altro foraggio. Un altro importante riferimento, è la modifica cromatica delle prede come cefalopodi, crostacei, e così via. Ma anche i predatori che, a seconda della loro intenzione, assumono delle colorazioni per camuffarsi in fase di riposo o di azione predatoria. Una volta assimilate queste sfumature, si possono interpretare al meglio determinati momenti. Ad esempio, ho capito che la colorazione del jig va impostata anche in relazione alla profondità. Una cosa che influisce positivamente in tutte le condizioni e a tutte le quote è la tinta splendente, brillante (glow): attira le esche (cefalopodi, sgombri, sugherelli, boghe, e tanti altri pesci esca) e, a loro volta, le esche attirate dal glow, attirano il predatore. Il glow diventa fondamentale dai 150 m in su, quando forma e bagliore assumono un’importanza decisiva. Stabilito ciò, possiamo scegliere tra le sue varianti cromatiche, che, ho capito essere utili al predatore per identificare il tipo di preda. Ribadisco che il predatore è prevalentemente attratto dal movimento e dall’azione del nostro jig, ma non dimentichiamo che, se, a certe profondità, non caliamo un jig glow, il bagliore verrà a mancare e rimarranno soltanto il rumore del jig che tocca il fondo e le vibrazioni emesse dal movimento che noi imprimiamo al jig. Ci sono due colorazioni che adopero nel nostro meraviglioso e limpido mare, quando l’acqua non è torbida, e sono il verde e il blu. Vanno bene nella prima parte della colonna d’acqua perché, con l’aumento della profondità, perdono il loro effetto. I miei colori preferiti però sono il rosa, l’arancione, il grigio e il marron, sempre con verniciature glow… non posso non averle. Dopo diversi anni di prove, sono arrivato alla conclusione che in fasi di bassa attività, la scelta della forma più opportuna è decisiva. Mentre, la colorazione, in alcuni momenti della giornata, può influire, sopratutto su fasi di alta attività.

La verticale - In questa tecnica, come in nessun’altra, è indispensabile che il jig si muova nel mezzo liquido perfettamente in verticale; il nostro “movimento lento”, diventa performante solo in queste condizioni. Per favorire il sali scendi sulla verticale, anche in caso di correnti e vento, dobbiamo individuare il jig più adatto e il meno pesante possibile. Quando lo scarroccio o la corrente aumenta, bisogna aiutarsi con la retromarcia del motore, oppure rallentando lo scarroccio con una o più ancore galleggianti e, al meglio, una volta che diventiamo esperti, con il Minn Kota, gestiamo la posizione in maniera attiva, non ancorata, perché, come vedremo, le “scarrocciate” sono fondamentali.