Totani di Profondità

Finalmente una chiara e semplice esposizione sui totani di profondità che l’autore insidia, nelle sue uscite polivalenti, dopo o tra il bolentino profondo e la pesca allo spada.

Spesso considerata complementare ad altre pesche d’altura quali la traina, la pesca del pesce spada e il bolentino profondo, la pesca del totano è di facilissima esecuzione e una volta individuata la zona giusta, ci permette con pochissimi passaggi di riempire la ghiacciaia di questi affascinanti e buonissimi cefalopodi. Dire che la pesca del totano è praticabile da tutti non è esatto. Per quanto la tecnica in sé sia di semplice esecuzione e la specie sia pressappoco infestante nelle nostre acque tirreniche, abbiamo tuttavia bisogno di fondali importanti per trovarli (350-1000 m) e di conseguenza siamo costretti, nella norma, a percorrere molte miglia a largo per arrivarci. Abbiamo quindi bisogno, oltre che di una buona imbarcazione e dotazioni di sicurezza, di mulinelli elettrici, senza i quali è impensabile recuperare le nostre insidie da quelle profondità. Non sempre il mare è clemente e ci permette di uscire cosi tante miglia fuori, per questo quando l’alta pressione ci regala bel tempo, è bene ottimizzare le nostre giornate, e dedicarci a più tecniche lì fuori. Io, per esempio, dedico qualche ora alla pesca dei totani durante le giornate di bolentino di profondità, magari nei momenti di apatia dei pesci; o durante le pescate al pesce spada, pelagico con il quale il totano condivide habitat e abitudini. Oltre a essere una preda particolarmente amata dal pesce spada (e quindi un’ottima esca, se non troppo grande), il totano ha delle caratteristiche in comune con questo pelagico, tra queste le due fondamentali: è estremamente attratto dai richiami luminosi (come molti altri abitanti delle profondità) e si muove verticalmente nella colonna d’acqua per diversi motivi, tra cui mangianza, temperatura dell’acqua e luce (solare e lunare). 

... è estremamente attratto dai richiami luminosi (come molti altri abitanti delle profondità) e si muove verticalmente nella colonna d’acqua per diversi motivi, tra cui mangianza, temperatura dell’acqua e luce (solare e lunare).

 La totanara - L’insidia che usiamo proporre a questo cefalopode è estremamente semplice. È costituita da una totanara non troppo diversa dalla tradizionale spagnola che si usava e si usa per i calamari, in versione XXL, con un grosso peso idrodinamico nella parte inferiore, abbellita da luci e richiami posti sotto, sopra e dentro di essa a gusto e discrezione del pescatore, e un qualsiasi richiamo odoroso, un pesce ovviamente o più di uno, solitamente sgombri o sardine per via dell’olio che rilasciano, letteralmente legati allo stelo in acciaio mediante fascette da elettricista, garze mediche, e filo elastico, insieme a qualsiasi altra cosa possa in qualche modo evitare che il potentissimo morso del totano sfaldi in pochi colpi la nostra esca, costringendoci a rieseguire l’innesco ad ogni calata. I totani di profondità sono animali cosi aggressivi che spesso si attaccano a vicenda. Non è raro recuperare solo brandelli del totano allamato, segno evidente che un altro, o più di uno, ha attaccato la nostra preda in risalita. La totanara viene legata direttamente al trecciato, non c’è necessita di utilizzare monofilamenti quali nylon o fluorocarbon; a quelle profondità si vede ben poco, e sono convinto che anche se i totani vedessero chiaramente la nostra insidia e il nostro filo, la attaccherebbero lo stesso. 

 

In pesca - L’azione di pesca è semplice, tanto quanto l’attrezzatura utilizzata: si cala la totanara sul fondo, operazione questa che porta via diversi minuti, spesso velocizzata da piombi pesanti e un trecciato fino per tagliare l’acqua, e si inizia poi a recuperarla alla velocita minima del mulinello elettrico, stoppandolo ogni 50 o 100 m, per qualche secondo, dando il tempo al totano di vedere meglio i nostri richiami luminosi e avvicinarsi. L’intento è quello di individuare nella colonna d’acqua, la profondità in cui, in quel momento, i totani stazionano e cacciano; una volta fatto, non servirà più arrivare fino al fondo in calata, ma basterà stoppare la discesa della totanara alla profondità dove nella calata precedente abbiamo catturato. La mangiata del totano si avverte sul cimino della canna come fosse un calamaro, in versione gigante. Saranno chiari al pescatore, sia l’attacco che le prime soffiate, alle quali dovremo rispondere accelerando repentinamente la velocità di recupero del mulinello, cosi che le punte della totanara penetrino la carne dura e spessa del cefalopode abissale. Una volta ferrata la preda, riabbassiamo la velocità del mulinello a un recupero medio, fino alla superficie. L’importante è non perdere mai tensione sulla lenza fino a quando il totano non è a bordo, pena la perdita del totano stesso. È consigliabile utilizzare una canna abbastanza lunga e morbida (2,5 m circa) per attutire le soffiate potenti e repentine. 

 

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